I profughi di guerra rifugiati in Serbia che la Ue fa finta di non vedere

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Sono rimasti in 3000, bloccati in Serbia, i profughi afgani, curdi e siriani non voluti dall'Unione europea. Sono gli stessi che, scampati alle manganellate ungheresi, sono stati riportati in Serbia e qui attendono che l'Europa prenda una decisione.


Al tempo erano in 7500 dimenticati da tutto e da tutti. Alcuni raccontano, i curdi, di essere scappati dalla Turchia proprio quando la Grecia aveva creato quel buco europeo che ha permesso loro di arrivare in Metohija, provincia dello stato serbo, chiedendo aiuto e assistenza.


La cronaca ci racconta che alcuni sono stati portati in Slovenia e altri sono morti vittime degli inverni rigidi, ma la maggior parte di loro non sono stati voluti da nessuno.


Ora è la Serbia, seppur in gravi difficoltà nel gestire e sfamare tutti i profughi, a mostrare una migliore organizzazione rispetto a quella che siamo abituati a vedere in Italia. Lampedusa e Cona docent. Il governo serbo non ha dimenticato cosa vuol dire essere profugo di guerra!


In questi giorni soltanto 3000 di loro sono presenti a Belgrado. Molti sono stati trasferiti in Bosnia, a Sarajevo, città che li ha accolti. Mentre gli afgani sono stati trasferiti in Russia. I minori sono circa 400, per lo più affidati ad associazioni umanitarie.


Qui, in Serbia, l'Europa non ha alcuna intenzione di mettere piede. Ecco cosa significa essere gli invisibili del mondo.


Tra le vie della Stari Grad, la città vecchia municipalità di Belgrado, non si fanno vedere: preferiscono vivere nei pressi della stazione centrale, dove il governo e alcune Ong garantiscono vitto, alloggi e cure mediche.


L'Europa è colpevole di una politica che ha distrutto la stabilità di questi popoli e, di fatto, non vuol prendersi nessuna responsabilità né accogliere questi profughi.



Unione Sindacale di Base