Non sulla nostra pelle! Giovedì 6 assemblea on line alle 17.30, verso la manifestazione nazionale del 28 aprile

A Genova l’ultimo caso di immigrati vittime del business dell’accoglienza

Genova -

Scappano da guerre, repressioni, persecuzioni di carattere politico e religioso, vengono da noi per richiedere asilo, accoglienza, ma anche lavoro ed una vita migliore.

Ma in Italia la narrativa imperante sul pericolo del migrante, il crescente imbarbarimento della società, ha portato non ora, ormai da decenni a considerare i rifugiati politici, i richiedenti asilo, i richiedenti di protezione internazionale. Gli immigrati, come una possibilità di business per gente senza scrupolo, imprenditori capaci di approfittare delle disgrazie altrui accettando sussidi e finanziamenti da cui cercare il massimo del profitto.

È successo a Genova, ma è successo in tante altre situazioni dal nord al sud, in una casa destinata a dare ospitalità a persone in cerca di protezione, dove dopo la denuncia dei delegati USB della cooperativa Lanza del Vasto impegnati nella difficile vertenza per la salvaguardia di salario ed occupazione, un consigliere regionale ha effettuato un sopralluogo per verificare la veridicità della denuncia: condizioni igieniche inaccettabili, letti senza materassi, cucine inservibili, persone con ancora indosso i vestiti e le ciabatte con cui avevano effettuato la fuga dal loro paese.

Grandi sono le responsabilità dello Stato che, come in tanti altri casi, enuncia principi, regole, buone intenzioni, ma poi all’atto pratico costruisce un meccanismo che favorisce queste situazioni indecenti.

Lo fa diminuendo i fondi per l’accoglienza, restringendo i criteri per il riconoscimento della protezione internazionale, allungando i tempi presso le questure e gli uffici immigrazioni per il rilascio di documenti, che per queste persone vuol dire vita, libertà, possibilità di lavoro e di emancipazione.

60 giorni dice la legge, 6/8 mesi i reali tempi di attesa, e così nella irregolarità, nella precarietà, aumenta il bacino di possibili lavoratori da sfruttare, da ricattare con la minaccia di una denuncia per il reato di clandestinità.

Questa tendenza sta tutta “scritta” nel Decreto Cutro ultimo atto di imbarbarimento nei confronti dei migranti: sarà sempre più difficile, quasi impossibile aver riconosciuta la protezione speciale e con questa la possibilità di una regolarizzazione.

Per questo come USB insieme a decine di altre associazioni abbiamo deciso di scendere in piazza, di portare alla luce la gravità di questa situazione, per dare dignità e rispetto ai 600.000 e passa lavoratori migranti che chiedono la regolarizzazione e per evitare che nei prossimi mesi altre centinaia di migliaia cadano nella clandestinità, e nell’obbligatorio circuito dello sfruttamento.

Per questo stiamo contattando e organizzando le comunità straniere in Italia.

Il 6 aprile assemblea on line a questo link: “NON SULLA NOSTRA PELLE”

IL 28 APRILE MANIFESTAZIONE NAZIONALE A ROMA!

USB Migranti