Cronaca di una giornata di disordini annunciati

Bologna -

4 marzo 2007 - La Padania

Cronaca di una giornata di disordini annunciati:
i centri sociali tentano l’assalto al Cpt, scontri con la polizia
SINISTRA VIOLENTA, GUERRIGLIA A BOLOGNA
di ANDREA ACCORSI

Bologna - Saranno 20, 30 metri. Via Mattei, estrema periferia nord-orientale di Bologna, dove le strade portano ancora il nome di Lenin e dei "padri del socialismo". Da un lato, protetto dal doppio cordone di polizia, uno dei centri di permanenza temporanea più turbolenti, già teatro di numerosi disordini, fughe, incidenti, perfino di morti. Di fronte a non più di 2 mila giovani i centri sociali e i movimenti no-global arrivati con quattro treni e dieci pullman da tutto il Paese: dalla Lombardia, dal Nordest, dalle Marche e dalla Toscana i treni, mentre i pullman soprattutto dal Meridione.
Si sono dati appuntamento sotto il Nettuno, nel cuore di Bologna, sotto le finestre del sindaco, «sceriffo e fascista», Sergio... ... Cofferati. C’era anche il redivivo esponente di Potere Operaio Oreste Scalzone, che pontificava tra la folla. Si sono mossi alle 16 dietro agli striscioni «Chiudere i Cpt ora» e «Governo Prodi, giunta Cofferati, vergogna». Non hanno sentito le ragioni del questore, Francesco Cirillo, e hanno puntato dritto verso il Cpt bolognese.
«Crediamo sia giusto - afferma il leader dei no-global Luca Casarini, anticipando l’intenzione dei disobbedienti di appendere uno striscione sulle inferriate del Cpt - avvicinarsi a quelli che sono rinchiusi dentro a un lager, per farci sentire, dato che il Cpt non è una cattedrale sacra». Ma l’indice è puntato anche contro il sindaco rosso di Bologna e il premier: «C’è un rapporto - prosegue Casarini - tra la politica di Cofferati e quella del Governo Prodi. Cofferati è la coscienza di destra del Governo di sinistra. È un uomo di destra che suggerisce ai suoi referenti nazionali cosa fare. Grazie anche a lui aumentano le gabbie, la repressione e i divieti».
Bologna ha assistito, un po’ stupita e disorientata, al loro passaggio, che è stato peraltro pacifico. C’era Domenico Mucignat del Teatro Polivalente Occupato a fare gli onori di casa. Grande assente Rifondazione comunista. Il segretario provinciale Tiziano Loreti aveva annunciato: «Metà delle rivendicazioni sono contro di noi, non manifestiamo contro noi stessi».
Puntuale all’appuntamento il consigliere comunale bolognese indipendente Valerio Monteventi: «Iniziai la mia battaglia contro il Cpt nel 1999, la proseguii in consiglio comunale quando Guazzaloca approvò la variante per trasformare le caserme Chiarini, ho partecipato a tutte le manifestazioni di disobbedienza civile contro il Cpt e ci siamo incatenati tre volte. Sarebbe un’eccezione se io non ci fossi». E a chi gli fa notare l’assenza dei dirigenti del Prc, Monteventi risponde: «Ci sono ruoli diversi. Questa è una manifestazione dei disobbedienti che non hanno chiesto l'adesione dei partiti, tuttavia la militanza di base e alcuni consiglieri di quartiere sono qui».
I segnali di tensione alla vigilia non erano mancati. Venerdì l’ex cinema Embassy era stato okkupato, in serata il "cattivo maestro" Renato Curcio era tornato a tenere i suoi sermoni dalla cattedra. Ieri tutto è filato liscio fino alle 18: solo qualche negoziante, più timoroso degli altri, ha tirato giù la saracinesca al loro passaggio. Poi, epilogo di una giornata di tensione crescente, quando la testa del corteo è arrivata in via Mattei, d’improvviso si è accesa la scintilla. «Caschi» hanno ordinato i dirigenti della polizia agli agenti in tenuta antisommossa. Dall’altra parte, davanti al "camion musicale" che apriva il corteo sono spuntati dei pannelli di plastica a formare una sorta di rudimentale "testuggine". I ragazzi delle prime file si sono calati berretti e passamontagna. In una concessionaria di auto, proprio vicino al punto di contatto, è partito un antifurto, quasi a voler sottolineare la situazione di allarme.
La "testuggine" è avanzata: 30, 20, 10 metri. Poi il contatto con gli scudi e i manganelli della polizia. Tra la caligine dei fumogeni e l’esplodere di alcuni petardi si è rischiato il peggio.
Sul campo resteranno alcuni contusi da entrambe le parti, con due persone finite in ospedale e quattro manifestanti fermati dalle forze dell’ordine. Un attimo di pausa, poi la polizia ha caricato, una, due volte. «Fascisti» gridavano dal corteo, mentre ripiegavano, sollecitando le persone più indietro a retrocedere per aprire una via di fuga.
Dagli altoparlanti veniva scandito l’invito a riorganizzarsi, ma anche a rispettare le indicazioni che arrivavano dagli organizzatori della manifestazione. «Siamo 10 mila, molti più di loro»: si è temuto un secondo attacco, ma alla fine è prevalsa la stanchezza, con la consapevolezza che arrivare fino alle mura del Cpt - com’era nelle intenzioni dei manifestanti - era impossibile. Sulla strada, per pochi minuti, mentre i contestatori tornavano a casa, sono rimasti piantati cartelli come "No ai Cpt" e "Attenzione lager a 200 metri". E restano, pure, le bottiglie di birra e Lambrusco così come le solite scritte di vernice su muri e cartelloni pubblicitari.
"Ho smontato il Cpt e lo rifarei" si leggeva su uno striscione. "Siamo tutti precari, siamo tutti clandestini" recita un’altro cartellone. Alcuni manifestanti hanno espresso solidarietà ai «compagni del centro sociale di Copenaghen, sgomberato in settimana dalla polizia danese». Letta su una maglietta: "Dovete darci il denaro e poi ne riparliamo". E ancora: "Reddito per tutti, lavoro o non lavoro".
«Questo Governo si è spaccato sulla politica estera - osserva una manifestante arrivata da Valsusa - ma poteva capitare su tante altre cose. La Tav o i Dico o gli immigrati. È un Governo che non esisteva già prima, figuriamoci adesso che è già caduto una volta». La ragazza, giovanissima, è fasciata in un tubino nero: la sua voce è quella di una scolaretta in libera uscita.
Preso atto della pesante contestazione al sindaco Cofferati, attaccato anche per le telecamere che il Comune vuole installare per sorvegliare meglio la città, e della evidente conflittualità con l’attuale Governo, ministro Amato in testa, bastava scorgere le bandiere issate sulle teste dei manifestanti per capirne i loro orientamenti politici. Accanto alle immancabili bandiere della pace e di Cuba, si sono viste solo quelle dei Verdi e del Movimento per il Partito Comunista dei Lavoratori, oltre a Rdb, Cub e Cobas. Prima del "rompete" la parola d’ordine è stata: «Andiamo a casa con una vittoria politica. È l’inizio di una stagione e qualcuno dovrà farsene una ragione». Quel qualcuno è più facile individuarlo nelle forze politiche che attualmente governano il Paese e la città, assai più che nell’opposizione.

E la casa bolognese del premier diventò una caserma blindata

Bologna - Erano ben 11 i mezzi della polizia, stipati tra piazza Santo Stefano e via Gerusalemme, che hanno blindato - a partire dalle ore 15 di ieri - casa Prodi. Tutta colpa della manifestazione anti-Cpt organizzata a Bologna: per proteggere il premier, a casa per il weekend, sono dunque accorsi i rinforzi. Decine di poliziotti, in tenuta antisommossa, hanno stazionato a pochi metri dal portone di casa del primo ministro. Almeno una ventina i carabinieri, accanto ad altrettanti uomini della Questura, che hanno sbarrato l’ingresso a via Gerusalemme da strada Maggiore.
Il corteo, su richiesta della Questura, è sfilato in via San Vitale e non in strada Maggiore (come proposto inizialmente dai manifestanti) ha comunque offerto un inaspettato diversivo. Uno dei due camion sound system infatti, non potendo passare sotto l’arco di via San Vitale, ha dovuto staccarsi dal corpo centrale del corteo e sfilare singolarmente, proprio davanti alle divise delle forze dell’ordine che presidiavano i dintorni di casa Prodi. Tranne qualche slogan e la musica ad alto volume, il contrattempo tecnico non ha causato alcun problema.
La tensione era alta: in passato, infatti, strada Maggiore è stata teatro di azioni dimostrative. Vale, in particolare, per quello accaduto alla fine del 2003, quando ordigni rudimentali - fabbricati con due pentole a pressione e due bombolette di gas da campeggio - furono fatti scoppiare a distanza di venti minuti l'uno dall'altro (con la tecnica della trappola) in due cassonetti dell'immondizia all'angolo fra strada Maggiore e via Gerusalemme.
A sfilare, a due passi da casa Prodi, sono accorsi ieri molti immigrati, tantissimi giovani dei centri sociali e degli spazi autogestiti giunti da Marche, Emilia Romagna, Friuli, Trentino, Napoli, Genova, Roma, Torino, Milano e Firenze. Alla manifestazione, accanto agli striscioni, anche le bandiere delle Rdb e dei Verdi. In testa alla sfilata tanti decibel di note musicali e di grida contro i Cpt inventati dalla sinistra.